La riforma del processo penale: il risarcimento del danno estingue i reati perseguibili a querela.

04 Set La riforma del processo penale: il risarcimento del danno estingue i reati perseguibili a querela.

Una delle principali novità introdotte dalla recentissima Legge di riforma del codice penale e di procedura penale (che ha modificato, tra l’altro, la prescrizione e previsto più stringenti termini per le indagini del P.M.) riguarda la possibilità, per i reati procedibili a querela, di ottenere l’estinzione del reato contestato a seguito di condotte risarcitorie e riparative da parte dell’imputato.

La Legge 23 giugno 2017, n. 103 ha infatti introdotto il nuovo articolo 162 ter c.p. secondo cui: “Nei casi procedibili a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento del danno, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato”.

 

Si tratta di una facoltà che potrebbe offrire concrete possibilità di “cancellazione” della propria condotta illecita, soprattutto se il Legislatore darà effettivamente corso alla delega ricevuta nella medesima L. 10372017 per l’ampliamento dei casi di perseguibilità a querela; la delega comprende, in particolare, l’estensione a tutti i casi di reati contro il patrimonio previsti dal codice penale (purché non commessi in danno di minori o infermi di mente ovvero in assenza di circostanze aggravanti).

 

Ma l’efficace operatività della nuova normativa è legata soprattutto all’introduzione della possibilità di ottenere l’estinzione del reato anche in seguito ad offerta reale (ai sensi degli artt. 1208 codice civile), formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, sempre che il giudice riconosca la congruità della somma offerta.

 

Allo stato, la nuova causa di estinzione del reato è comunque applicabile, tra le altre, alle seguenti ipotesi di reato (di norma solo se non aggravate): accesso abusivo a sistema informatico o telematico (art. 615 ter c.p.), truffa (art. 640 c.p.), appropriazione indebita (art. 646 c.p.), turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 c.p.), frode assicurativa (art. 642 c.p), fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale (art. 517 ter c.p.),nonché la corruzione tra privati (2635 c.c.), salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.

 

Il legislatore ha previsto che la novella sia applicabile anche ai procedimenti già in corso e, in tal caso, anche oltre il limite della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. A tal fine l’imputato dovrà richiedere l’applicazione della norma alla prima udienza utile – eventualmente anche in appello, ma non in Cassazione – ottenendo, se necessario, un termine a rinvio non superiore a sessanta giorni per poter provvedere alle restituzioni.